Se, come abbiamo già detto nella precedente intervista, il tiro a volo non fa distinzioni di fisicità, sesso o età, quel che è fondamentale è avere la giusta concentrazione.
Il neofita non deve quindi sorprendersi se sente tiratori più esperti parlare dell’utilità della ripetizione di una gestualità, quasi come fosse un rituale.
Quando siamo in pedana affrontiamo situazioni fatte da routine ed è facile magari rischiare dopo quattro o cinque piattelli di perdere il filo. Per questo è fondamentale scegliere di usare una qualunque azione automatica, che ci permetterà poi di rimanere “in gioco” allontanandoci da tutto il resto del mondo.
È un escamotage per restare concentrati sul tiro.
Ci sono varie tecniche che facilitano me, e gli altri atleti professionisti, nel restare presenti “fisicamente” sul campo e con la mente salda solo sul piattello. Tecniche che quindi aiutano la testa ad osservare tutti i dettagli della pratica.
Ogni tiratore trova il suo “mantra”, quello che lo aiuta ad essere presente durante una serie. La distrazione è dietro ogni angolo.

Mi viene proprio in mente una finale che mi ha lasciato particolari emozioni, capitata di recente. Per raccontarvela parto da lontano.
Nel 2008 ero un ragazzino al primo anno di tiro a piattello e guardavo le olimpiadi di Pechino. In finale c’erano Erminio Frasca e Giovanni Pellielo. A distanza di oltre dieci anni mi sono ritrovato a partecipare ad una finale dove ero in pedana proprio insieme a loro.

Non ci trovavamo ad un’olimpiade, certo, ma le emozioni sono state altrettanto forti. Mi è subito tornata la memoria di quel 13enne che stava la mattina (visto il fuso orario) a tifare per loro incollato davanti alla televisione. È stato un orgoglio poter sparare al loro fianco e uno stimolo per migliorarmi sempre di più.

Luca Miotto
Tiratore
Bresciano, atleta da tempo nell’orbita della nazionale azzurra. Il tiratore in forza al gruppo sportivo dei carabinieri.
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