Nell’autunno 2020, da vice delegata regionale della FITAV (la Federazione Italiana Tiro A Volo) ho pensato ad una nuova iniziativa. Abbiamo lanciato un contest fotografico online, sui social, dove qualsiasi tiratore poteva condividere il suo scatto. Un concorso aperto agli amatori e, più in generale, a tutti.
Il nostro sport è fatto di una base molto ampia, che va resa sempre più protagonista e va coinvolta. Questo contest voleva essere il modo migliore per dare a chiunque il proprio spazio, per far sì che non si parlasse solo di noi atleti e di chi ha trasformato una passione in un mestiere.
Dobbiamo aprirci di più all’esterno.
Il tiro a volo è diventata ormai la mia professione e da diversi anni ho la fortuna di lavorare all’interno della Federazione. Con la FITAV sono riuscita ad approfondire la conoscenza del nostro mondo.
Ho infatti scoperto che i social hanno un grandissimo potenziale anche per il nostro sport e grazie a questi stiamo trovando nuovi modi per avvicinare il pubblico.
L’interesse è enorme, soprattutto tra i giovani. Come farlo aumentare ancora? Proviamo a ragionarci insieme, partendo dalle basi.
Da quale disciplina iniziamo? Direi dal Compak
Ogni tiratore esperto ha la sua risposta, che varia in base alla propria esperienza o formazione. Io vengo dal Compak, una disciplina che non ha al momento lo stesso clamore delle olimpioniche. Ma è una specialità che sta comunque lavorando bene.
Il Compak rappresenta forse una delle attività più immediate per affiancare il giovane o il neofita che ha già in casa un’arma di famiglia, o che sta frequentando gli ambienti della caccia. Avere con sé una strumentazione bella e pronta facilita la pratica, perché nel Compak si può sparare con qualsiasi fucile.
Inoltre, il neofita sarà meno spaventato nel trovarsi per la prima volta in una pedana di Compak: alcuni lanci saranno certo difficili da ingaggiare, altri sono però alla portata di chiunque. Far subito rompere piattelli a chi si affaccia al nostro sport è la soluzione immediata per aumentare l’attenzione e far esplodere la passione.
Ecco, direi che il Compak è una disciplina intuitiva.
Il tiratore di skeet o di trap dovrà acquisire più nozioni base prima di ottenere risultati. Le loro tecniche, all’inizio, possono essere più difficili da apprendere.
Ma non rimaniamo solo su una disciplina
Per anni sono stata combattuta, non sapevo scegliere tra Compak e Skeet. Per alcuni aspetti le due pratiche si assomigliano, ma sono in realtà completamente diverse per impegni e allenamenti. Soprattutto se spariamo durante le competizioni più importanti.
Per diverso tempo ho provato a portare avanti entrambe, anche se le tempistiche per le gare mi creavano alcune difficoltà. Nonostante tutto, penso che Compak e Skeet si compensino bene e sento di avere con loro lo stesso feeling.
Ovviamente, se un atleta deve preparare un mondiale o un’olimpiade dovrà focalizzarsi esclusivamente su di una disciplina. Ma, in particolare agli inizi, è bene provare ogni specialità.
Un invito ai giovanissimi: cimentatevi con qualsiasi disciplina e solo successivamente scegliete la più vicina al vostro sentire.
Il tiro a volo è sempre più donna
Nel nostro sport la partecipazione femminile è notevole. Vedo sempre più giovanissime dai 13 ai 20 anni, ma anche e soprattutto donne trentenni, che raggiungono il campo e mi dicono: “Voglio provare”. Questo cambiamento sociale e culturale ha preso il via con una crescente percezione della nostra attività.
Prima tutto ciò non c’era.
Le donne di oggi sono più aperte e i social ci hanno aiutate a far vedere le nostre abilità. Abbiamo messo in mostra i nostri talenti.
Come una donna dovrebbe scendere in pedana
L’approccio alla pedana è molto diverso tra un uomo e una donna. Sia a livello fisico che mentale.
Quanto all’impostazione strutturale, un uomo ha spesso caratteristiche fisiche prestanti, ma ciò non si traduce in più piattelli centrati.
Le donne devono essere indirizzate allo sport nel modo giusto.
Vedo giovanissime che vengono accompagnate in pedana da padri tiratori che le abbandonano con il fucile in mano in balia dei piattelli. Senza nessuna preparazione. È chiaro che poi ci si faccia male.
Sono una donna tutto sommato minuta, alta un metro e sessantuno. Magra. Nonostante la mia piccola statura riesco comunque a portare a casa i risultati. Per questo dico sempre alle ragazze che alleno che la costituzione fisica non è un ostacolo e anche loro possono tranquillamente centrare un piattello senza farsi male.
L’importante è iniziare a sparare nel modo corretto.
Le stesse riflessioni possiamo farle pensando all’approccio mentale. Spesso gli uomini prendono il tiro con più leggerezza, mentre nelle donne scopro grande determinazione. Questa è la nostra arma vincente.
Gli allenamenti: prima di tutto impariamo le basi
Che siano tiratori o tiratrici, consiglio sempre di apprendere fin da subito le basi. Incominciamo a maneggiare l’arma nel modo corretto, prendiamo confidenza con i fondamentali.
Quando siamo sciolti, possiamo sparare. C’è chi ha da subito foga di cimentarsi con una serie completa da 25. Benissimo, ma le prime volte che imbracciamo un fucile non aspettiamoci niente di paticolare. Gli inizi sono complicati per tutti.
Prendiamo quello che viene, senza fare drammi se qualche piattello finisce indenne la propria corsa.
Essere istruttrice di tiro significa far sorridere gli altri
Sono con orgoglio un’istruttrice e la mia più grande gioia è quella di portare in pedana persone con il sorriso. Voglio trasmettere loro la voglia di divertirsi anche dopo una serie sbagliata. Il mio obiettivo è quello di rendere felici attraverso il mio sport.
Insegnare il tiro a volo è il mio percorso di vita, un sentire che è cresciuto in me in maniera spontanea. Ho incominciato a sparare da bambina e, avendo alle spalle una famiglia di tiratori, ho fin da subito appreso le tecniche ed il modo giusto per approcciarmi alle gare, sia al livello fisico che psicologico.
Questa preparazione così completa l’ho sempre voluta mettere a disposizione degli altri. Già da giovanissima, ero ben felice nel dare consigli ai ragazzini che stavano in batteria con me.
La creazione di una scuola di tiro è stato il passaggio successivo, che ha risposto ad un’esigenza: c’è voglia di avvicinarsi al Compak, non solo tra i neofiti ma anche tra i tiratori più avviati, che volevano migliorarsi.
In Italia, purtroppo, le discipline non olimpiche trovano sempre minore spazio. Per questo abbiamo deciso di condividere quello che sappiamo, facendo nascere un’accademia.
La nuova linfa del tiro a volo
Il nostro movimento ha bisogno di trasmettere la vera essenza di questo sport. Tanta gente ancora pensa che il tiro a volo sia esclusivo sinonimo di caccia o continua ad avere preconcetti sull’utilizzo di un’arma per uso sportivo. Noi vogliamo dare un’impronta diversa. Ecco tre aspetti su cui bisogna crescere. Insieme.
1. L’arma è un attrezzo sportivo
Il fatto che nel tiro a volo si imbracci un fucile ha da sempre portato i più a bollare la nostra attività come sport di nicchia. “C’è un’arma di mezzo, non va pubblicizzata”. La realtà è ben diversa, perché per noi il fucile è un attrezzo sportivo. È la nostra racchetta da tennis, la nostra mazza da golf.
Il tiro a volo è, a dirla tutta, lo sport meno pericoloso di tutti, anche perché trasmette ai giovani consapevolezza, concentrazione e quindi maggiore sicurezza.
2. (Anche) l’abito… fa il monaco
Dobbiamo far vedere quello che siamo realmente. In troppi associano il tiro a volo esclusivamente alla caccia, anche esteticamente.
La nostra scuola ha voluto proprio prendere spunto da alcuni modelli americani, che curano persino l’aspetto formale della pratica. Per fare questo, abbiamo deciso di lanciare una linea di abbigliamento che invogli il tiratore a dire al mondo, con orgoglio, “pratico questo bellissimo sport”.
Fare squadra si declina in vario modo. Anche nel tentare di dare un’immagine nuova ed uscire da vecchi stereotipi.
3. Il futuro non deve spaventarci
La transizione delle cartucce caricate con piombo all’acciaio divide il mondo del tiro a volo. A mio avviso (e lo dico anche da gestore di un campo) dobbiamo prendere questo cambiamento come una grande opportunità. Sarà il nostro futuro e l’unica possibilità che abbiamo per andare avanti.
Certo, mi auguro che i regolamenti internazionali si adattino alle novità, ma dobbiamo fare il possibile per proiettare in avanti il nostro sport e non perdere tutto quanto di buono fatto negli ultimi tempi.
Perché sei una tiratrice?
Sono le emozioni che ci portano in pedana. Da atleta ho la fortuna di condividere tutti i momenti con la mia famiglia, con la quale ho un rapporto unico.
Come quando vinsi il mio primo mondiale di Sporting, a 18 anni. Ero una ragazzina che entrava in un ambiente di grandi, dove nessun italiano era mai salito sul gradino più alto del podio. Ho i brividi al ricordo di mio padre che mi urla “hai vinto il mondiale”.
Ecco perché sono una tiratrice.
Autore
Katiuscia Spada
Tiratrice
Atleta del gruppo sportivo Fiamme Oro, originaria di Città della Pieve, classe 1981 inizia a praticare lo Sporting all’età di 15 anni, specialità questa che ha contribuito alla sua maturazione in cui ha vinto quattro titoli mondiali, per poi passare a quella dello Skeet. Cresciuta in una famiglia di campioni (il padre Veniero è il Commissario Tecnico azzurro di Compak Sporting e Sporting, il fratello Michael plurimedagliato mondiale ed europeo delle stesse specialità) si allena nel campo di tiro di casa Club Olimpico Foligno. Nel suo ricco palmares di Skeet ricordiamo un argento ed un bronzo al campionato del mondo ed un argento agli europei, un oro in Coppa del Mondo ed una Finale di Coppa del Mondo.
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