Il tiro a volo, denominato inizialmente ‘trapshooting’ nasce intorno al XIX° secolo in Inghilterra dall’idea di alcuni cacciatori come risposta ad un divieto di caccia ai volatili selvatici istituito in quel periodo. Inizialmente come sostituzione alla caccia, successivamente, nel corso degli anni, come attività sportiva.
Il fascino del tiro a volo è dato da tantissimi fattori, uno dei principali che può affascinare inizialmente è senza dubbio il fatto di poter sparare con un fucile.
Così come la racchetta preferita per il tennista, oppure gli sci per lo sciatore il fucile passa da arma a semplice attrezzo sportivo che permette a qualsiasi tiratore di fare qualcosa che almeno agli inizi era “impensabile!”.
Forse è questo il motivo per cui questo sport può creare una vera e propria ‘positiva dipendenza’.
Il neofita inizia a sparare a volte avendo paura del rinculo, poi dopo i primi colpi tutto cambia, non si ha più paura e l’unico obiettivo è quello di centrare e rompere il piattello.
Che dire, uno sport emozionante e coinvolgente, dove il tuo unico avversario è il piattello da rompere.
La bellezza di competere con e contro noi stessi
Il tiro a volo è uno sport affascinante, dove il tiratore stesso è il suo principale avversario. I neofiti che si avvicinano a questo sport lo fanno per svariati motivi: curiosità, avere la possibilità di sparare con un fucile, dimostrare di saper rompere un piattello in più del compagno, fascino per la caccia o perché hanno un campo da tiro vicino!
Ogni motivazione è valida, non c’è un motivo specifico per cui una persona sia più o meno motivata di un’altra per sparare un colpo di fucile verso un piattello; la differenza principale sorge dalla seconda lezione di tiro in poi.
Di moltissimi neofiti che si avvicinano al tiro a volo e provano l’ebbrezza di questo sport, solo una piccolissima parte continua a praticarlo. Ma da cosa dipende questa scelta, esclusa la parte economica?
Nella mia esperienza ho visto che nella maggior parte dei casi, il peso maggiore di questa scelta è dato dal fucile, che porterà il neofita a continuare o abbandonare l’attività di tiro.
Se un neofita si innamora del fucile, di lì a poco acquisterà un usato ed inizierà la propria avventura nel campo da tiro più vicino alla propria abitazione.
Se invece, l’attrazione verso le armi non sarà sufficientemente alta, nella maggior parte dei casi il neofita non continuerà la propria avventura in questo sport.
Attenzione però! Attrazione per le armi significa anche consapevolezza, infatti sebbene siano attrezzi sportivi devono essere maneggiate con la massima sicurezza e precisione.
La vera essenza sportiva del tiro a volo
Gli effetti positivi sulla mente e sul corpo per chi pratica il tiro a volo sono molteplici.
Partiamo da una delle definizioni che meglio descrive questo sport:
“Il tiro a volo, può essere definito come uno sport posturale e di precisione, dove il tiratore, per cercare di raggiungere il proprio obiettivo personale (rompere più piattelli possibili) dovrà riuscire a ripetere colpo dopo colpo il proprio gesto tecnico e mantenere un alto grado di concentrazione dall’inizio fino alla fine di ogni allenamento o competizione sportiva”
possiamo allora dire che questo sport è completo al 100%.
Ogni tiratore dovrà prepararsi tecnicamente e fisicamente nel miglior modo possibile per affrontare al meglio gli allenamenti e le competizioni sportive.
Inoltre, se non rimarrà concentrato dall’inizio alla fine, la possibilità di sbagliare uno o più piattelli aumenterà in modo vertiginoso.
Perciò, una buona concentrazione, associata ad un ottima preparazione fisica e tecnica, sono le basi per potersi migliorare, fino a raggiungere il massimo livello agonistico personale.
Di conseguenza, chi pratica il tiro a volo può solo migliorare il proprio stile di vita, perché la capacità di mantenere per lunghi periodi una concentrazione elevata e una sana e continuativa attività fisica, potranno solo che giovare il fisico e la mente del tiratore stesso, nello sport e nella vita di tutti i giorni.
Allora perché il tiro a volo non è così conosciuto in Italia come all’estero?
Una domanda interessante. Questo sport dal mio punto di vista, come moltissimi altri sport individuali, non è conosciuto e valorizzato come dovrebbe essere per diversi fattori.
Il fattore principale è dato dalla scarsa visibilità che i media decidono di dare a questa disciplina sportiva.
Infatti, nella maggior parte dei programmi o delle riviste sportive, ad eccezione di eventi mondiali come le Olimpiadi, gli sport individuali, tra i quali il tiro a volo, non compaiono mai.
Le notizie vengono indirizzate principalmente verso pochi sport, come il calcio, dove le visualizzazioni e di conseguenza i guadagni sono maggiori.
Un altro problema che riscontriamo principalmente in Italia, dato soprattutto dall’ignoranza delle persone per quel che riguarda lo sport, è che alcune discipline sportive Olimpiche non vengono considerate come tali, ma solo come hobby.
Logicamente, un hobby viene visto come un passatempo e di conseguenza un genitore preferirà far svolgere al proprio figlio uno sport più ampiamente praticato, rispetto ad un semplice hobby.
In alcuni paesi esteri, a differenza dell’Italia, troviamo una cultura sportiva differente, dove il genitore ha studiato e praticato diversi sport nell’arco della sua vita, riuscendo di conseguenza a proporre più alternative ai propri figli.
Se solo ci fosse una migliore formazione per quel che riguarda la cultura sportiva, a partire dalle scuole elementari, nell’arco di una ventina di anni avremo nuove generazioni di genitori con una formazione base in materia di sport. Solo così facendo ci sarà data la possibilità di provare a migliorare la visibilità del nostro sport e di tutti quelli poco conosciuti e pubblicizzati.
Una staticità da trasformare da sfida in opportunità!
Come per tutti gli sport, per attrarre i giovani bisogna emozionarli e crescere in loro la voglia di praticare quella data disciplina sportiva.
Il problema principale del nostro sport, nonostante sia spettacolare, è la staticità. Il tiratore spende diverse ore del suo tempo per ogni allenamento, ma oltre a spostarsi da un campo da tiro al successivo, la sua unica azione è quella di chiamare il piattello, sparare e attendere che i compagni di pedana facciano lo stesso.
Un giovane, nella maggior parte dei casi, necessita di sfogarsi, di correre e di cambiare continuamente, e questo sport non gli da queste possibilità, anzi, gli impone di mantenere alti livelli di concentrazione per molte ore e di ripetere in modo continuativo un singolo gesto.
Perciò, come fare per cercare di attrarre giovani a praticare il tiro a volo?
Nell’arco degli ultimi anni sono stati avviati diversi progetti aventi l’obiettivo di aumentare la partecipazione dei giovani sulle pedane nei vari campi da tiro a volo distribuiti in Italia.
Uno di questi è il progetto NeoFitav, nato grazie alla collaborazione tra l’Università degli Studi di Urbino Carlo Bo, la FITAV e l’ANPAM.
L’idea è geniale, far provare gratuitamente il tiro a volo sotto la supervisione di un istruttore federale.
In questa situazione risulta di fondamentale importanza una forte collaborazione da parte dei campi da tiro, i quali dovrebbero essere forniti di fucili, istruttori qualificati e agevolazioni per avviare il neofita alla pratica sportiva.
Perché il tiro a volo potrebbe essere lo sport ideale per educare i più giovani… e non solo!
Lo sport del tiro a volo, racchiude in sé tutti i valori sportivi e di educazione che potremmo insegnare ai più giovani ed ai meno giovani.
Il primo valore, secondo me il più importante, che si può apprendere tramite la pratica del tiro a volo, in modo diretto o indiretto, è il RISPETTO delle regole da tenere sul campo da tiro, degli avversari, dei compagni di squadra, dei tecnici e dei direttori di tiro.
Quando un giovane prende per la prima volta un fucile in mano ed inizia a sparare pone la sua completa fiducia nell’allenatore, che avrà cura di insegnargli le basi per praticare in sicurezza. Sarà cura dell’allenatore spiegare le regole di comportamento sul campo e far capire in modo corretto perché alcune azioni non devono assolutamente essere fatte.
Caricare e chiudere l’arma solo quando ci si trova sulla pedana di tiro pronti per sparare; canne rivolte sempre verso le trap, anche quando il fucile è scarico; scaricare e aprire l’arma ogni qualvolta si esce dalla pedana di tiro; riporre il fucile nel fodero o nella valigetta nel caso in cui si debba cambiare campo.
Il battesimo del fuoco avviene durante la prima competizione sportiva, il neofita che fino a quel giorno si è solo allenato si troverà proiettato in un campo da tiro con centinaia di altri tiratori di ogni livello.
Svolgerà le prime serie quasi impaurito e molto probabilmente sbaglierà più piattelli del previsto ma, nella maggior parte dei casi, durante il passaggio da un campo al successivo o addirittura durante la serie di gara, avrà modo di conoscere i suoi avversari e i direttori di gara che saranno disposti a dargli consigli, sostenendolo e incitandolo a fare del suo meglio.
Questa situazione porterà il neofita a rispettare i suoi avversari, i suoi compagni e i direttori di tiro, perché, nel momento del bisogno sono stati vicino a lui, anche solo con una pacca sulla spalla e, tramite queste azioni, gli hanno fatto capire che il tiro a volo non è solo vincere una gara, ma è soprattutto l’opportunità di conoscere persone nuove e sostenersi a vicenda per raggiungere il proprio obiettivo personale.
Autore
Riccardo Monzoni
Ricercatore e consulente scientifico-sportivo
Ricercatore e Consulente scientifico-sportivo, originario di Tolentino, classe 1989. Dopo l’istituto tecnico informatico ha proseguito gli studi in Scienze Motorie, conseguendo la laurea triennale in Scienze Motorie Sportive e della Salute (L-22) e quella magistrale in Scienze dello Sport (LM-68). Successivamente vincitore di una borsa di studio presso l’Università degli studi di Urbino, dove ha conseguito il Dottorato di Ricerca in collaborazione con la Benelli Armi S.p.A. Esperto in sport di precisione e psicologia dello sport. Divulgatore scientifico in diversi periodici di settore.
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